Ala Comunale
L'ala di Villafranca Piemonte, esempio di edilizia tardo gotica, è uno degli ultimi esempi di alee lignee come riferimento tipologico dell'ala antica di Saluzzo, eretta nel 1501, demolita nel 1957, denominata "del Pellerina". Secondo la tradizione locale il "pellerino" usato in alternativa alla voce "ala" era indicativo di una probabile collocazione, all'interno della tettoia o in adiacenza ad essa, del "pelerinum" ossia della gogna o berlina a cui venivano appesi i colpevoli di frode nel commercio.
La similitudine tra le due ali è molto evidente, stessa pianta rettangolare a due navate su tre file di pilastri a sezione ottagonale (diametro 60 cm circa) uniti perimetralmente da un cordolo in muratura intonacato, stesso tipo di orditura del tetto, costituito da una trave in legno impostata sui pilastri di spina, su cui appoggiano i puntoni rinforzati da saette e manto di copertura in coppi, pavimentazione in acciottolato. L'ala comunale aveva la funzione di mercato coperto in un primo tempo per granaglie e successivamente per ogni tipologia merceologica.
Chiesa Della Beata Vergine Delle Grazie (Ex Monastero)
Solo in tempi recenti approfondite ricerche, hanno dato giusto risalto a questa Chiesa che il maggiore storico di Villafranca Piemonte, Prof. Stefano Grande, nella sua storia definisce: "architettonicamente forse la più bella Chiesa del paese, costruita a rigore d'arte, in puro stile barocco, con precisione e simmetria di particolari e di affissi'
Nel 1517 le monache Agostiniane si insediarono intorno ad una piccola Chiesa dedicata a San Rocco, loro concessa dal Comune. La data di inizio della costruzione della chiesa è da collocarsi però nell'anno 1702: l'edificio presentava una struttura architettonica di base non dissimile da quella attuale tuttavia la chiesa era grezza, mancante di rifiniture e della volta della cupola; priva di ornamentazioni omogenee e soprattutto di una facciata ("volto") urbanisticamente logica.
I lavori del 1755 furono proprio orientati alla risoluzione di questi problemi con una profonda ristrutturazione. L'architetto Francesco Valeriana Dellala di Beinasco, progettista e sovraintendente ai lavori, creò per la facciata di Santa Maria delle Grazie una scenografia di notevole imponenza, inserita piuttosto felicemente nell'economia architettonica del paese. Nettamente divisa in due registri, convessa nella parte centrale, la facciata contiene aspetti rococò e neoclassici.
Al Dellala spetta anche la risistemazione dell'interno della chiesa attuata con l'ausilio dell'architetto Gioachino Felice Butturini al quale si deve anche il disegno dell'altare maggiore. L’interno presenta la compenetrazione di una ellisse e di una croce nel cui braccio orizzontale sono due altari. L'altare maggiore, separato dalla zona dei fedeli da una balaustra lignea è addossato alla parete e sovrastato da un grande quadro ovale rappresentante la Madonna delle Grazie con i santi Agostino, Monica e Defendente. Nello spazio fra la parte superiore dell'altare e il quadro è ancora distinguibile l'area ove un tempo era la grata che separava il coro delle monache della chiesa.
A completare la decorazione di Santa Maria delle Grazie fu poi chiamato il "sig. Carera pitore" che affrescò dieci storie della vita di Maria corniciate da stucchi. Il Carrera, artista di svagata piacevolezza e di facile e felice vena narrativa, non esitò ad ispirarsi per qualche scena a pitture già presenti in Villafranca.
Lo fece con grazia, riempiendo le sue storiette di figure paesane, vivacizzandole con un tratto veloce e sicuro e con colori teneri ed accesi. Una storia sacra la sua, stemperata in minuti episodi: la Nascita delle Vergine, la Visitazione, il Viaggio a Betlemme. Al Carrera spetta anche la piccola gloria d'angeli affrescata nel baciletto della cupola e che appare ritoccata.
L'invasione napoleonica dell1talia portò con sé la soppressione degli ordini religiosi e nel 1801 anche il Monastero di Villafranca venne chiuso. I mobili e gli arredi della Chiesa messi all1ncanto nel 1804, vennero acquistati in gran parte dalle altre chiese del paese.
L'immobile divenne di proprietà comunale nel 1978. Attualmente è adibito a manifestazioni di carattere culturale, concerti, mostre, rassegne espositive, iniziative varie patrocinate dal Comune.
Chiesa di Missione
La chiesa di Missione costituisce per il complesso e l'importanza degli affreschi conservati il gioiello dell'arte villafranchese.
Nel 1037 Landolfo, vescovo di Torino, donava le quattro chiese del Borgo Soave alla Abbazia di
Cavour. Tra queste quattro chiese vi era quella di Missione.
Essa rimase sotto il controllo dei monaci di Cavour sino al 1315 quando l'abate don Ruffino, per mancanza di monaci officianti, la restituiva al vescovo di Torino.
Gli affreschi che impreziosiscono la Cappella risalgono al 1430.
Quelli della parete di fondo portano la firma di Dux-Aimo (Aimone Duce) ed al medesimo artista vengono attribuiti i dipinti della parte di sinistra ed i Santi della parete di destra, fascia bassa. Mentre i dipinti testé citati non sono datati, i restanti recano la data del 1474, e sono di attribuzione incerta. Il committente di questi ultimi, è un certo Giulio De Giuli, mercante in Villafranca Piemonte.
Nei primi anni del 1700 la chiesa subì una trasformazione perché fu aggiunta la sacrestia e rifatto il campanile, abbattuto l'antico tetto con grave danno per gli affreschi sottostanti, aperta una porta e murate le due finestre ai lati dell'altare. Venne costruito un nuovo altare con il risultato di non permettere più una visione completa dell'affresco della deposizione di Cristo.
Come si è detto, I1mportanza della chiesa è dovuta ai suoi affreschi. Partendo dall'esterno troviamo sulla facciata "L'Annunciazione", ai Iati della porta d'entrata San Rocco ed una Santa quasi del tutto scolorita e sulla parete destra San Cristoforo. All1nterno invece sulla volta della Chiesa, nelle 4 vele, separati da costoni, vi sono i 4 evangelisti, Luca, Marco, Matteo e Giovanni seduti in cattedre gotiche con i loro simboli intenti ad attività connesse con la scrittura dei Vangeli. Sulla parete centrale di fondo, dall'alto, appaiono "l'Annunciazione", "l'Arcangelo Gabriele" ed il "Santo Sepolcro" (11 persone con sul volto I1ntenso dolore per la morte del Cristo).
Sul lato destro dell'altare, vi è la venerata Madonna di Missione, detta la Madonna del Latte. Sulla parete destra in alto vi sono invece la Vergine e San Giulio con il committente degli affreschi Giulio De Giuli.
Ma è la lunetta della parete sinistra che ospita gli affreschi di maggior valore attribuiti alla mano di Aimone Duce tra cui la famosa "Processione dei Vizi e delle Virtù". La rappresentazione è divisa in tre piani dominati dalla figura di Cristo; nel primo ripiano, troviamo sette donne dedite a viarie attività simbolo delle sette virtù teologali, da sinistra a destra: la Laboriosità, la Letizia, la Temperanza, la Carità, la Castità, la Liberalità e l'Umiltà.
Nel reparto sottostante invece, sette donne a rappresentare i sette vizi capitali, legate tra loro da una grossa catena, ciascuna a cavalcioni di un mostruoso animale e fiancheggiata da un demone che la tormenta: l'Accidia, 11ra, la Gola, 11nvidia, la Lussuria, l'Avarizia e la Superbia. Nel reparto inferiore sono rappresentati cinque Santi. Da sinistra a destra l'Arcangelo Michele, Sant'Andrea, San Bernardo, Sant'Antonio Abate e San Costanzo.
Sulla parete esterna di sinistra della cappella è murata una pietra che la leggenda vuole
miracolosa, in quanto nel medioevo, durante una carestia, da questa pietra pare colasse un olio commestibile.
Da notare, sulla parete centrale di fondo, la firma del pittore Dux - Aimo, che si può vedere sul praticello alla sinistra del ruscello che esce da Nazareth, alle spalle dell'Annunziata.
Chiesa di S. Antonio
La chiesa di S. Antonio, abbattuta nel 1933 per fare un rettifilo tra le Aie omonime e l'attuale via Roma, era stata eretta dalla Comunità in tempi antichissimi ed assegnata agli Ospitalieri prima e nel 1640 ai Monaci Cistercensi di San Bernardo, che si proponevano di far sorgere un Convento nella vicina zona di Candellino, cosa che poi non avvenne.
La Chiesa, che già allora si trovava in cattive condizioni murarie, venne restaurata e ribenedetta nel 1659. Tra il 1830 ed il 1840 si resero necessarie altre riparazioni quando furono abbattuti i Bastioni Verdi (mura cittadine di cui abbiamo scarse notizie oggi). Nel 1933 la Chiesa fu abbattuta e ciò determinò la perdita dell'affresco rappresentante il Bambino Gesù che sarebbe stato preziosissimo per l'arte e per la storia.
Alla nuova Cappella affrescata dal pittore Teonesto Deabate, passarono le prerogative di rito della precedente.
Chiesa di San Bernardino
La Chiesa di San Bernardino, già esistente nel 1400, venne poi riedificata nel 1769 e rinnovata nel 1785. Venne alzata dagli Ospitalieri quando apparve loro insufficiente la precedente Chiesa o Cappellania di Santa Maria nelle Aie di Sant'Antonio. Il nome di San Bernardino ricorda la fervente predicazione a Villafranca di questo apostolo della Carità (1380 - 1444). Presso l'Altar maggiore è conservato uno dei capolavori della pittura secentesca italiana: un quadro che rappresenta la Deposizione di Gesù dalla Croce, datato 1627, opera del pittore saviglianese Giovanni Antonio Molineri (1577 - 1640), noto come il "Carraccino" poiché allievo del bolognese Annibale Carracci.
Cristo è deposto dalla croce ed in basso, sulla sinistra, la Vergine si abbandona al dolore attorniata dalle pie donne. A destra San Bernardino invita alla meditazione.
Chiesa di San Giovanni
La costruzione originaria della chiesa di San Giovanni risale al 1200. Tuttavia nei secoli successivi le condizioni della Chiesa si erano tanto deteriorate da indurre i borghigiani stessi a ricostruirla e restaurarla nel 1540.
Ricca di affreschi è la parte interna della chiesa, affreschi divisibili in tre gruppi. Il gruppo
principale, contenente un ciclo mariano, sulla parete absidale, dietro l'altare e due gruppi laterali contenenti raffigurazioni di santi.
Gli affreschi della chiesa di San Giovanni sono stati oggetto nel tempo passato di studi volti a identificare in modo più preciso l'autore (o gli autori) e la loro datazione e solo nel 1983 si arriva a delle valutazioni più o meno concordi nel poter affermare che l'autore sarebbe il pittore pinerolese Jacobino Longo. Jacobino Longo viene definito dagli studiosi come un pittore eclettico ed è importante notare che aveva l'abitudine di firmare e datare le sue opere.
Gli affreschi della chiesa di San Giovanni, realizzati appunto intorno al 1540, si collocherebbero nell'ultima fase della produzione artistica di Jacobino Longo, essendo questi morto intorno al 1545.
Nella parete dietro l'altare, il personaggio vestito di rosso all'estrema sinistra, regge un foglio, dove è possibile leggere, è "JAL US". Lettere che, seppure combinate in modo diverso, sono state interpretate come Jacobinus Longus.
Inoltre gli studiosi hanno stabilito che il personaggio che regge la lettera rappresenta l'autoritratto del pittore.
La parete nord è quella più riccamente decorata da una serie di santi allineati in una fascia alta 180 cm circa: partendo dal fondo troviamo Santa Marta, San Giovanni, il Battesimo di Gesù, San Bernardo, Sant'Agnese ed infine San Giovanni.
Al di là del nastro giallo e rosso viene un giovane molto elegante nell'acconciatura e nel mantello dalle grandi maniche portato sopra un abito color argento tipica moda dei primi decenni del '500 e con le scarpe scollate e larghe in punta cosiddette "alla francese". Raffigurazione molto probabile di San Chiaffredo. Ultima figura Papa Gregorio Magno accuratamente raffigurato nei suoi paramenti.
Infine, distrutte per l'installazione di un pulpito, una probabile Madonna in trono con San Rocco e altri santi e una scena della Crocifissione.
Sicuramente gli affreschi di maggior interesse e valore della chiesa sono quelli del presbiterio. Si tratta sostanzialmente di un ciclo mariano con la scena dell'Annunciazione in alto; l'Adorazione del Bambino a destra; l'Adorazione dei Magi a sinistra.
Chiesa di Santa Maria Maddalena
La più lontana origine della Chiesa della Maddalena va rintracciata in un'antica chiesa parrocchiale esistente già in Musinasco, prima della fondazione di Villafranca. Esplicito accenno alla Chiesa della Maddalena appare in Atti del 1336 e del 1363. La Chiesa della Maddalena era, per di più, sede del Consiglio Comunale.
La Chiesa, ormai insufficiente al servizio religioso, fu demolita nel 1611.
Si verificarono molte difficoltà sia nell'abbattimento della vecchia Chiesa che nella costruzione della nuova. Nel 1621 la nuova Chiesa era però nuovamente funzionante e disponeva di 2 altari. Ad accelerare la costruzione intervenne il Comune. Questo fatto determinò la gelosia dei borghigiani di Santo Stefano i quali nottetempo disfacevano ciò che gli altri costruivano di giorno.
Questa diatriba si compose solo nel 1667 quando le due parti sottoscrissero un accordo volto a regolare il percorso delle Processioni, ma le rivalità tra le 2 parrocchie perdurarono fino ai nostri giorni
Tra il 1818 ed il 1823, grazie all'eliminazione del cimitero posto a mezzogiorno rispetto alla chiesa ed al lascito del Padre Cappuccino Onorato Dassano, venne attuato l'ampliamento della Chiesa che, nel 1843 assumeva la forma e l'aspetto esteriore attuale.
A causa dell'azione del tempo e, soprattutto, della scossa di terremoto del 1887 si resero necessari lavori di restauro. Nonostante le difficoltà dovute ai cedimenti continui, alla friabilità del terreno ed alla carenza di fondi, alla fine dell'aprile 1902 erano terminate le costruzioni murarie.
La decorazione della navata centrale e delle 2 laterali fu attuata tra il 1921 ed il 1923. La chiesa è oggi, insieme a quella dedicata a Santo Stefano, parrocchia di Villafranca.
Chiesa di Santo Stefano
Il primo accenno storico ad una chiesa dedicata a Santo Stefano risale al 1037 quando Landolfo, Vescovo di Torino, fondando la vicina Abbazia di Cavour, donava a questa, tra l'altro, la Chiesa e le tre Cappelle esistenti nel Borgo Soave.
Nella seconda metà del XII secolo gli abitanti di Borgo Soave vennero in gran numero a stabilirsi nell'attuale Villafranca e si preoccuparono di far sorgere una nuova Chiesa, che vollero dedicata al Protomartire.
La nuova Chiesa di Santo Stefano in Villafranca venne affidata ai monaci di San Benedetto dell'Abbazia di Cavour col titolo di Priorato e fu da tali monaci officiata fino al 1315.
Il 31.10.1315 don Ruffino di Bagnolo, Priore di Santo Stefano, sentendosi ormai vecchio e venendo a mancare molti monaci officianti, chiedeva di rinunziare alla Chiesa che rimetteva nelle mani del Vescovo di Torino, Monsignor Tedisio. In tale modo si chiudeva il periodo Benedettino della Chiesa e incominciava il secondo periodo, nel quale la Parrocchia regolare (quella cioè tenuta da monaci) diveniva secolare (cioè tenuta da preti) alla diretta dipendenza del Vescovo di Torino.
Questo secondo periodo durerà dal 1315 al 1529 e la chiesa subirà molti lavori di restauro ed ingrandimento.
Dopo il 1529 la chiesa fu affidata ai Padri Agostiniani e questo intervento non fu ben accetto dal Comune, preoccupato del fatto che la bella parrocchia potesse diventare Chiesa monacale.
Nonostante le numerose ed alterne vicende il periodo Agostiniano della Parrocchia di Santo Stefano durò dal 1529 al 1802, ben 273 anni.
Le condizioni di Villafranca nella prima metà del 1800 erano piuttosto critiche: conflitti tra autorità Comunali e parrocchie, tra clero regolare e secolare, saccheggi da parte di eserciti stranieri, miseria, anarchia e pestilenze.
A questa situazione pose parziale rimedio il Concilio di Trento, quando un delegato Apostolico nel 1584 visitando Villafranca, impartì alcune disposizioni volte a riportare un po’ d'ordine. Un'iniziativa importante fu 11ntroduzione dei registri di Anagrafe, redatti in lingua italiana fino al 1655 ed in seguito in latino: tali registri sono ancora oggi una preziosa miniera di notizie familiari.
Nel 1801, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi decisa da Napoleone la parrocchia di Santo Stefano ritornò secolare e la chiesa veniva lasciata ingrandita, rinnovata, indipendente dal Comune, ricca di censi, di lasciti e di benefizi.
I parroci che si avvicendarono alla guida della Parrocchia si distinsero tutti per l'importanza delle loro iniziative destinate al miglioramento non soltanto della Chiesa, ma anche della Comunità.
La chiesa è oggi, insieme a quella dedicata a Maria Maddalena, parrocchia di Villafranca.
Chiesa S.S. Annunziata
La Confraternita dell'Annunziata è di origine popolare e moderna, ed è anteriore alla Chiesa. Risulta infatti che nel 1621 fu costituita una Compagnia di Confratelli, detta dei Disciplinati, che si radunava nella Chiesa di Sant'Antonio.
Questi, essendo ormai un numero considerevole, il 25 aprile di quell'anno acquistarono una casa rustica, col contributo loro e con elemosine raccolte, ove fecero sorgere l'attuale Chiesa dell'Annunziata.
Questa fu approvata dall'Autorità Ecclesiastica il 16 marzo 1623, terminata nel dicembre 1624 e nel 1668 ebbe un Cappellano proprio.
La Chiesa subì numerose variazioni nel 1685, 1839, 1850 e 1872. Dietro l'altare maggiore è conservata una magnifica icona di legno in stile rinascimentale. Il quadro che ne occupa il centro rappresenta l'Annunziata ed è opera del pittore Sebastiano Taricco di Cherasco (1645 - 1710). Di grande valore anche l'organo in essa conservato.
Santuario della Madonna del Buon Rimedio
Situato nella frazione Cantogno, l'antica chiesetta che fu già parrocchia, è oggi un venerato Santuario, dedicato alla Madonna del Buon Rimedio, meta di frequenti pellegrinaggi da parte di ferventi devoti che provengono da ogni dove (molto importante la Festa della Madonna del Buon Rimedio, la seconda domenica di ottobre). Nella frazione si trovano inoltre i resti dell'antico Castello che conserva la più antica pittura murale presente in Villafranca, databile intorno ai primi decenni del 1200.
Di grande valore è la Pietà, ora conservata all'interno del Santuario, una tipica pittura murale, risalente, presumibilmente alla seconda metà del 1400. E' stata recuperata parzialmente, in epoca successiva con perdita di una parte del dipinto originale. La rappresentazione della Madonna reggente il Cristo Morto era molto diffusa nel Piemonte del quattrocento e nella vicina Provenza.
Alcuni studiosi, non sempre concordi, hanno rilevato le notevoli identità, sia di fisionomia sia di esecuzione, tra il Santo raffigurato nella Pietà conservata nel Santuario di Cantogno ed il San Giuseppe dell'adorazione della Chiesa di San Giovanni nell'omonima frazione.