Boschetto naturalistico di Missione
Grazie al lavoro del Comitato L' Ciuchè di San Giovanni il boschetto adiacente all'area della Cappella di Missione è stato ripulito a riportato alle origini con la riscoperta di numerosi fontanili.
L'area è stata attrezzata per il pic nic con la posa di tavoli, panche e cestini.
Vicinissima area parcheggio per auto e pullman.
Curiosità: il crescione acquatico
Un’importante caratteristica del Comune di Villafranca è la ricchezza in fontanili e risorgive, siti in cui l’acqua mantiene temperature pressoché costanti per gran parte dell’anno, dando luogo a vegetazioni rigogliose sia all’interno dei corsi d’acqua che nei luoghi circostanti.
Particolarmente significativa in questi luoghi è la presenza del Crescione acquatico (Nasturtium officinale R. Br. , sin. Rorippa nasturtium-acquaticum), pianta erbacea perenne tipicamente palustre diffusa sia nelle acque stagnanti che correnti (ma comunque sempre molto limpide), lungo i fossi o in prossimità delle sorgenti e dei corsi d’acqua.
La pianta è caratterizzata da una vegetazione erbacea, in parte sommersa e in parte emergente, con i fusticini esili ma molto ramificati che ben presto emettono tante radichette avventizie.
Le foglie risultano alterne e picciolate, composte da 3-5 foglioline carnose e glabre, almeno in parte sommerse.
Il crescione d’acqua viene consumato da tempo immemorabile: era noto ai latini che lo consumavano con l’aceto, ai greci che lo consideravano stimolante per la memoria.
Attualmente viene impiegato sia in cucina che in erboristeria:
- Impiego in cucina
Particolarmente apprezzate in cucina sono le foglie, per il loro sapore aromatico e piccante, soprattutto nei mesi invernali quando mancano altre erbe piccanti. Esse conferiscono un piacevole sapore aromatico alle insalate miste raccolte nell’orto o nei campi ma sono utilizzate anche per insaporire le patate lessate, i formaggi, le minestre, gli arrosti (soprattutto carni bianche), il pesce e le salse.
Curiosa poi è la possibilità di ottenere un “burro al crescione” aggiungendo un po’ di foglie, dopo averle sbollentate e tritate, a del burro ammorbidito. - Impiego in erboristeria
La ricchezza delle foglie in vitamine A, B e C nonché di sali minerali, conferisce alla pianta virtù diuretiche e depurative. Nella medicina popolare si utilizza soprattutto il succo fresco, ottenuto tritando le foglie o, meglio, l’infuso: quest’ultimo si prepara con 3 cucchiai di foglie in un litro d’acqua calda e filtrando dopo 5 minuti (se ne beve un bicchiere al mattino a digiuno e uno alla sera).
Testo e foto a cura della dr.ssa Rachele Imberti
La fascia fluviale: aspetti naturalistici
Anche se marcatamente modificata dall'attività umana, la fascia fluviale riveste un notevole interesse dal punto di vista naturalistico, soprattutto in ragione della discreta varietà di ambienti qui rappresentati: oltre ai coltivi, che si fanno via via meno presenti avvicinandosi al corso d'acqua, si riconoscono i ghiareti, le sponde ripide, le zone a cespuglieto e i boschi naturali (bosco ripariale e planiziale).
Altri ambienti particolari sono le risorgive, tipiche del territorio villafranchese, caratterizzate da acque costantemente fresche e cristalline, e le lanche morte, che interessano prevalentmente il tratto più a valle del Po.
I coltivi, per lo più costituiti da monocolture di pioppi o mais, ed i prati, sono ambienti poco diversificati e quindi poveri di specie.
I ghiareti (zone di deposito) e le sponde ripide (zone di erosione) sono oggetto di più o meno rapide trasformazioni e risultano di difficile colonizzazione, se non da parte delle cosiddette specie pioniere.
I cespuglieti a salici e ontano sono capaci, soprattutto i primi, di resistere allo sradicamento durante le piene e di consolidare le sponde, grazie al particolare apparato radicale di cui sono dotati, e possono formare boscaglie di bassa statura (tra i due e i sei metri).
II bosco ripariale, ancora dominato dai salici inframmezzati da alcuni pioppi bianchi e, un tempo, da qualche pioppo nero, può superare i dieci metri. Sulle sponde del fiume si osserva molto frequentemente il sambuco, affiancato da altre specie arbustive quali il sanguinello e la fusaggine, mentre nello strato erbaceo dominano ortica e luppolo.
Dove I'inondamento del suolo diventa un evento più raro si arriva ad una maggiore stabilità ambientale, per cui il bosco vede gradatamente scomparire i salici che lasciano il posto ad altre specie tipiche del bosco planiziale, tra cui primeggia la farnia, affiancata da olmo e acero campestre e da arbusti, come il nocciolo e il biancospino. Questo tipo di bosco è stato il più sacrificato a vantaggio delle colture agricole, tant'è che nelle nostre vicinanze ne esiste ormai un unico lembo relitto nei pressi della cascina di Tetti Girone, già in territorio vigonese.
Nei boschi naturali citati e qua e là nelle campagne, spesso si inseriscono anche piante non autoctone, come la robinia, specie esotica importata dallAmerica e oggi largamente infestante.
Passando agli aspetti faunistici della fascia fluviale, viene innanzitutto da sottolineare la grande varietà di insetti che la popolano, costituendo la fonte primaria di cibo per molti loro predatori.
Per quanto rigurda i pesci, occorre ricordare che in un fiume, procedendo da monte a valle, si assiste ad un graduale cambiamento di pendenza e di velocità, oltre che di temperatura, di ossigenazione delle acque e di composizione del substrato, fattori che risultano determinanti per la composizione della fauna ittica. Nel tratto villafranchese, tra le specie più significative, vanno ricordati: il temolo, la trota marmorata, lo scazzone, la sanguinerola, il vairone. Oltre ai pesci, due sono ancora le specie acquatiche degne di nota: il gambero di fiume, crostaceo decapode che predilige le zone più calme del corso d'acqua, e la lampreda, tipica abitatrice dei fondali sabbiosi o melmosi (punto forte della tradizione gastronomica locale, specialmente in passato, quando era più diffusa).
Tra gli anfibi vanno ricordati: la raganella, specie dalle abitudini notturne e prettamente arboricole, capace di mimetizzarsi tra le foglie, il rospo, che durante la propria vita non si avvicina all'acqua se non per riprodursi, e le rane, prima fra tutte per rarità la rana padana o rana di Lataste, legata alla presenza di boschi.
Come rappresentanti della classe di rettili si possono citare il ramarro, tipico delle zone incolte e cespugliose, l'orbettino, specie legata all'ambiente prativo, e le bisce d'acqua che sanno muoversi sul terreno ma passano la maggior parte del tempo in acqua.
La fascia fluviale ospita numerose specie di uccelli. Quelli insettivori comprendono: il merlo, l'usignolo, la capinera, lo scricciolo e le ballerine. Gli uccelli rapaci si diversificano, sulla base delle abitudini di caccia, in diurni (poiana e gheppio) e notturni (civetta, gufo e allocco). Anche gli Ardeidi sono qui rappresentati; di tale famiglia non è molto difficile vedere in volo aironi cinerini e garzette con il loro inconfondibile collo piegato ad S sul dorso e le zampe tese proiettate all'indietro. Oltre ai precedenti, tra gli uccelli tipici dell'ambiente fluviale sono da ricordare: il martin pescatore, che nutrendosi si pesci dipende dai corsi d'acqua per la propria alimentazione, la gallinella e le anatre selvatiche, tra cui la più comune e nidificante è il germano reale.
I mammiferi sono presenti con gli insettivori, quali la talpa e il riccio,amanti dei luoghi freschi e umidi, in cui poter scavare le proprie tane, e con i roditori, come i topolini selvatici, le arvicole e i toporagni, ambite prede per uccelli rapaci e per volpi, donnole, faine e puzzole (queste ultime ormai rare). Va inoltre citata la minilepre, importata dall'America e oggi largamente diffusa.
Parlando di animali dell'ambiente fluviale, un cenno particolare lo merita la lontra, tipico Mustelide legato ai corsi d'acqua, dove si procura il cibo costituito da pesci e sulle cui sponde costruisce le proprie tane. Un tempo quando le acque possedevano i requisiti di purezza indispensabili per questa specie, la sua presenza risultava rilevante sul territorio villafranchese, mentre dalla fine degli anni '40, forse a causa dell'inquinamento, delle modifiche ambientali e della persecuzione da parte dell'uomo, è considerata estinta.
(tratto da: Via di terra e vie d'acqua, AA.VV., Biblioteca comunale di Villafranca Piemonte)
Il Parco del Po
Su di un'area di circa 0,5 ettari, a monte del Ponte sul fiume, poco distante dalla provinciale per Moretta, si estende un vasto impianto di essenze autoctone che costituisce un importante intervento di riqualificazione ambientale, collocato nell'ambito del tratto cuneese del Parco Fluviale del Po. La zona offre interessanti opportunità per la realizzazione di visite didattiche finalizzate alla conoscenza degli alberi tipici dell'antica pianura planiziale e delle zone riparali.
Il Po, il fiume più grande d'Italia, artefice della Padania, risorsa ittica del passato, ora risorsa irrigua per le colture di mais, a volte catastrofe incombente per gli azzardi dell'uomo, in passato è stato anche una via del sale, quella che da Marsiglia, attraverso "Buco di Viso", portava il prezioso minerale fino in pianura.
L'Associazione Amici del Po promuove molte iniziative atte a far conoscere il fiume: sport fluviali ecologicamente compatibili, attività culturali e didattiche, manifestazioni e gite sul Po. Inoltre, grazie a spiagge ed aree attrezzate sulle rive del fiume, è possibile fare una sosta ad ammirare la natura consumando una merenda.
Area Attrezzata sul Po: insediata lungo la sponda destra del fiume, di fronte all'impianto del Parco, si trova un'area attrezzata che funge da punto di riferimento, di accoglienza e di ristoro per le escursioni in canoa, in kajak e sulle caratteristiche barche a punta, organizzate dall'Associazione "Amici del Po".
Il porto sul Po
Il porto sul Po tra Villafranca e Moretta ha sicuramente una lunga storia. La prima notizia ufficiale della sua esistenza si ha in un documento datato 1197. Nei secoli successivi vennero poi costruiti ponti in legno, che, puntualmente distrutti in occasione di guerre o inondazioni, venivano sostituiti dai traghetti. Nel 1884 venne edificato l'attuale ponte in muratura a tre arcate e di conseguenza nel 1885 cessò definitivamente l'esercizio del porto di barche; in tal modo il passaggio non solo diventò più agevole, ma anche libero, cioè non più soggetto al pagamento di alcun pedaggio.
Il traghetto era formato da due imbarcazioni affiancate, sulle quali veniva fissata una piattaforma destinata ad ospitare due piccole casette: una adibita a magazzino e l'altra ad abitazione, quella del "portoné", l'antica e tipica figura legata al funzionamento del porto e dedita alle operazioni di attraversamento del fiume di persone, merci ed animali. Egli faceva di questa piccola costruzione l'abitazione per sé e per la propria famiglia; si dedicava in primo luogo al lavoro di traghettatore e, nei momenti liberi, a quello di pescatore, lasciando poi alle donne il compito di andare a vendere i pesci.
Oggi, a poche decine di metri dall'Area Attrezzata, l'impegno e la tenacia di un gruppo di villafranchesi animati da una forte passione per le tradizioni locali, ha curato la ricostruzione dell'antico traghetto sul fiume. L'impianto, perfettamente funzionante, viene gestito dai volontari che si offrono di accompagnare le scolaresche e i visitatori che intendono rivivere le atmosfere del passato, attraverso un singolare "passaggio" sul fiume.